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Dalla costiera amalfitana al Cilento Antico, si estende una vasta area caratterizzata da coltivazioni e produzioni tipiche di eccellenza che coesistono con una vocazione turistica, più spiccatamente accentuata per la costiera, rinomata anche a livello internazionale per le risorse paesaggistico-ambientali. Sulla costa l’attività agricola, con riferimento particolare a vitigni e agrumeti, svolge un ruolo importantissimo anche come presidio e salvaguardia del territorio, con i caratteristici terrazzamenti che rendono impossibile la diffusione di processi di meccanizzazione. Tra le produzioni che si sono guadagnate la denominazione DOC e IGP si segnalano il vino Costa d’Amalfi, il Limone Costa d’Amalfi e l’olio Colline salernitane.

Terra di colline ricoperte da ulivi che si specchiano nel Tirreno, il Cilento presenta un territorio assai diversificato, attraversato da torrenti e ricco di boschi di castagni e di lecci, con paesaggi di grande bellezza in cui si incastonano paesi abbarbicati alle rocce o adagiati sulle rive marine.

Terra di colline ricoperte da ulivi che si specchiano nel Tirreno, il Cilento a sua volta presenta un territorio assai diversificato, attraversato da torrenti e ricco di boschi di castagni e di lecci, con paesaggi di grande bellezza in cui si incastonano paesi abbarbicati alle rocce o adagiati sulle rive marine. Anche per questo al suo interno si offre una grande varietà di attività che, dall’agricoltura all’allevamento, presenta prodotti di assoluta eccellenza, realizzati spesso secondo antichi disciplinari tramandati di padre in figlio in paesi popolati da contadini, pastori e uomini di mare. Tra questi si segnalano il carciofo di Paestum, l’ampia e diversificata produzione vinicola, gli olii di straordinaria fattura, i prelibati salumi come le soppressate del Vallo di Diano e di Gioi e una grande varietà di formaggi, dalla cacioricotta alla Muzzarella co’a mortedda

Tra i derivati dal latte spicca la mozzarella di bufala campana, dovuta ai tanti allevamenti di questi animali che già Goethe vedeva liberi di muoversi tra i templi di Paestum, cogliendo, sia pure con qualche licenza poetica, il tratto più originale della produzione cilentana rappresentato dalla felice integrazione tra ambiente naturale e attività umana. Le diverse eccellenze agro-alimentari manifestano così quel più articolato insieme di fattori che è anche alla base della ‘dieta mediterranea’ che, per l’UNESCO, riguarda “l’insieme delle pratiche, delle  rappresentazioni, delle espressioni, delle conoscenze, delle abilità, dei saperi e degli spazi culturali” con i quali si è determinata, nel corso dei secoli, “una sintesi  tra l’ambiente culturale, l’organizzazione sociale, l’universo mitico e religioso” e all’interno della quale si è dato vita “a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende”.  E in effetti, dalla costiera fino al cuore del Cileno, sono innumerevoli gli appuntamenti devozionali, i momenti rituali sul calendario festivo e lavorativo, i repertori musicali e le modalità esecutive di una plurisecolare civiltà rurale e marinara che, assieme alle opere della natura, ha plasmato anche le proprie forme espressive, raggiungendo esiti del tutto originali, impossibili a ripercorrersi ora nel dettaglio: anche in questo caso ci limitiamo a segnalare solo alcuni luoghi emblematici, quali Maiori e Minori, per la costiera, e il più vasto comprensorio del Cilento antico, disposto sui crinali del Monte Stella.

 

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Oltre che per la bellezza del paesaggio costiero, Minori è famosa tra l’altro anche per una tradizione culinaria legata a particolari tipi di pasta (ndunderi, lagane ecc.), al limone (frutto principe dell’agricoltura minorese) e alle specialità dolciarie come la delizia al limone e la torta ricotta e pere, mentre da un punto di vista più strettamente musicale ha attirato l’attenzione di studiosi e ricercatori soprattutto per i riti devozionali della Settimana Santa

La sera del Giovedì Santo e la mattina del Venerdì Santo i membri dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento, i battenti, eseguono alcuni canti in due diverse tonalità (il “tono ‘e vascio” -tono di giù- di Giovedì e il “tono ‘e ‘coppa” -tono di sopra- il Venerdì), basandosi su testi prevalentemente “d’autore”, come Sant’Alfonso (Priva del caro figlio” e Oh Maria) o Metastasio (Già trafitto e Sento l’amaro pianto) oppure brani come il Pianto di Maria o Perdono mio Dio (probabilmente tratto da una giaculatoria ottocentesca) che ritroviamo anche in altre regioni nei repertori della Settimana Santa. Di probabile origine “popolare”, o comunque “minorese”, è invece il testo della Via Crucis che ha comunque una struttura “metastasiana” (doppia quartina di settenari con rima baciata centrale e verso tronco finale). Del resto, sul tema della passione e della morte di Cristo esiste una sterminata letteratura della quale i canti di Minori rappresentano un momento altissimo, caratterizzato proprio dalla compresenza di materiali di origine colta e popolare, rielaborati e ricompattati in un risultato finale originalissimo e suggestivo, al punto da costituire, a parere di Roberto de Simone, “un pezzo di storia della musica”.

Ascolta il brano Perdono mio Dio nella registrazione di Raffaele Di Mauro

Dal punto di vista musicale si riscontrano procedimenti abbastanza diffusi nell’ambito dei repertori polivocali delle confraternite (canto a 3 parti, alternanza parti solistiche/parti corali ecc.) ma anche elementi del tutto peculiari: il doppio “tono”, la presenza della voce bianca come “uscita”, la disposizione in tre “tornelli” (composti da diverse voci variamente denominate “terzaiuoli”, “ripieni” ecc.). I battenti di Minori hanno un’organizzazione precisa della performance rituale-musicale con brani eseguiti durante il cammino e altri soltanto in chiesa o nelle varie cappelle visitate durante la loro processione che si snoda anche in alto sui monti per poi riscendere sul lungomare.

Guarda un momento del rito nelle riprese audiovisive di Raffaele Di Mauro


L’elemento suggestivo e originale che distingue il tempo penitenziale minorese –che in qualche modo comprende e sintetizza tutti gli altri stili locali- è il cantare battente per cui un canto penitenziale da strada, che mette insieme disparate influenze musicali con un testo melodrammatico o metastasiano, d’improvviso si sente risuonare la sera, per le strade del paese. Queste micro melodie portate e allungate, che viaggiano quasi sempre a tre voci, dalle quali poi emerge di colpo la voce lamentosa del solista, fanno parte da sempre della storia della comunità e denotano la vitalità di una tradizione ancora viva, fortemente avvertita dalla popolazione come lo è a Maiori la festa della Madonna Avvocata, che si tiene il Lunedì dopo la Pentecoste presso la chiesetta situata sul monte Mirteto (900 metri), raggiungibile solo a piedi.

Le origini del culto risalirebbero al 1470, anno in cui un tal Gabriello Cinnamo, guidato da una colomba, avrebbe scoperto quella che oggi si chiama “Grotta delle Apparizioni” dove si era fermato a riposare e, secondo il suo racconto, gli sarebbe apparsa in sogno la Madonna, che gli avrebbe comandato di edificarle un altare: in cambio lei sarebbe stata sua “Avvocata” (da qui il nome). Cinnamo fece, quindi, edificare l'altare ed in seguito furono costruiti una chiesetta e un monastero. Dopo varie vicissitudini il complesso venne abbandonato fino al 1888, allorquando l'altare venne restaurato da un muratore devoto, e quattro anni dopo riprese il culto. Il momento centrale della festa è quando, verso mezzogiorno, si svolge la suggestiva processione con la statua della Madonna. Durante l'intero tragitto della processione la statua della Madonna viene irrorata da una pioggia di petali di rosa e al suo passaggio i tamburi fanno “silenzio”, si smette di ballare e ci si accoda alla processione fino al ritorno nella piccola chiesetta che la custodisce. Dopo di ciò la festa tira avanti di solito fino al pomeriggio tardi tra canti e balli, in particolare con l’esecuzione di canti sul tamburo in uno stile specifico di quest’area e diverso da quello “vesuviano”, “giuglianese o “nocerino-sarnese”. Il canto sul tamburo dell’area “maiorese” è caratterizzato dall’utilizzo di un alto numero di tammorre e da un ritmo più lento rispetto agli altri stili citati. Una delle caratteristiche peculiari di questo stile di canto sul tamburo è poi il modello di frammentazione/scomposizione dell’endecasillabo che presenta alcune similitudini con le esecuzioni delle tarantelle diffuse nel Gargano. L’esecuzione del testo, basato sempre su distici di endecasillabi, è strutturata generalmente in 5 parti (che possono diventare 7 attraverso la ripetizioni delle prime due parti) che si succedono in quest’ordine:

1) secondo emistichio del primo endecasillabo (spesso con aggiunta di sillabe tipo “neh”)

2) primo endecasillabo per intero

3) primo emistichio del secondo endecasillabo

4) ripetizione

5) secondo endecasillabo intero

Ascolta i Canti maiorini per S. Maria Avvocata nelle registrazioni di Roberto De Simone

Altrettanto avvertiti e fortemente partecipati sono i riti penitenziali e devozionali della Settimana Santa all’interno del Cilento Antico che hanno il loro momento più solenne in quella sorta di perigrinatio che tutte le confraternite compiono per visitare i ‘sepolcri’ allestiti nelle diverse chiese e cappelle dell’area. Gli itinerari di visita seguiti da ogni confraternita non sono limitati al territorio del paese o casale di appartenenza ma sono distribuiti nell’intera area del Monte Stella. Nella giornata del Venerdì Santo ogni confraternita parte così dal paese di origine e, attraversando il territorio del Cilento antico, tocca le numerose chiese che incontra lungo il cammino. All’interno di ogni chiesa, esegue un percorso devozionale, cantando musiche con assetto multiforme: monodiche, polifoniche, in solo, in alternanza responsoriale e in coro. Ogni confraternita termina il proprio pellegrinaggio nella chiesa di appartenenza dove la popolazione locale è in attesa del suo ritorno, con chiese gremite anche fino a notte fonda.   

Il repertorio eseguito durante il percorso devozionale delle confraternite cilentane consiste in tre tipologie:

-       intonazione del Salmo 50 (Miserere mei Deus) in latino o raramente in italiano, in esecuzione monodica, in solo (generalmente il priore) o in alternanza responsoriale

Ascolta il Miserere della Confraternita di San Mauro nelle registrazioni di Maurizio Agamennone

-       parafrasi e adattamenti in italiano della sequenza Stabat Mater di Jacopone e versioni diverse del Pianto di Maria, in esecuzione monodica in coro, esecuzione responsoriale (proposta di un cantore solo e risposta corale) o in alternanza tra due cantori soli, o anche su musiche d’autore (Stabat Mater attribuito a Giuseppe Tartini).

Ascolta il brano Stava Maria dolente nelle registrazioni di Maurizio Agamennone

-       brani polifonici a due o tre parti con esecuzione realizzata da gruppi di cantori impegnati in turni successivi, con procedure diverse: combinazione omoritmica (andamento per terze parallele e quarte occasionali), polifonia con bordone mobile (alto più bassi mobili) o polifonia in falso bordone (alto più bassi più terza voce).

Ascolta il brano Varco le soglie e vedo nelle registrazioni di Maurizio Agamennone

La struttura dei testi, come a Minori,  è quella “metastasiana”, ovvero quartina di settenari con rima baciata centrale e verso tronco finale, divisa musicalmente in sei sezioni, corrispondenti alla quartina più la ripetizione degli ultimi due versi.

Impossibile, per quanto riguarda le tradizioni musicali, parlare del Cilento senza menzionare i canti “alla cilentana”, oggi ormai rari anche perché stanno via via scomparendo esecutori e costruttori della chitarra battente che accompagnava tali canti ma un tempo molto diffusi sull’intera area cilentana.

 

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Questi canti, eseguiti principalmente a due voci con accompagnamento di chitarra battente, riguardavano principalmente tre tematiche, “d’amore, di sdegno e di lontananza”, ed erano formati in genere da quattro coppie di distici endecasillabi che formavano un’ottava “siciliana” con rime alterne ABABABAB. Spesso però nelle esecuzioni i distici erano eseguiti separatamente (un distico o due distici alla volta). Nell’esecuzione il più delle volte la prima voce cantava interamente i due endecasillabi del distico, mentre la seconda voce “rispondeva” cominciando dal secondo emistichio del primo endecasillabo per poi chiudere assieme, cantando di nuovo il secondo endecasillabo in modo che una voce faceva quasi da “bordone” e l’altra eseguiva una serie di melismi. Si passava quindi da una struttura testuale a due (AB) ad una struttura melodica a quattro (ABA’B). La struttura esecutiva veniva spesso indicata a livello popolare come “terzetto” alludendo forse alla distribuzione delle parti durante l’esecuzione: due parti cantate singolarmente da ciascuna voce e una terza eseguita insieme.

Ascolta il brano Ti vengo a ritrovare come regina nelle registrazioni del Teatrogruppo

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